APPROFONDENDO...

In questa pagina trovi:
1) Approfondimento sugli aspetti ricorrenti dell'attivita' professionale.
2) Parere dell'Agenzia delle Entrate.
3) Occasionale  non significa sporadico
4) Limiti delle prestazioni occasionali;
5) Come fare le ricevute per prestazione occasionale

1) Approfondimento
sugli aspetti ricorrenti dell'attività professionale.

Analisi degli elementi ricorrenti e paradigmatici, di cosa in campo fotografico, configuri un'offerta di natura professionale - e non già occasionale.

a) Ricerca attiva della clientela, in forma continuativa.

Il fatto che la ricerca abituale di clientela sia una sitiazione opposta all'occasionalità, nel vero senso del termine, è abbastanza evidente.
Al limite, se la “ricerca attiva” fosse a sua volta un atto occasionale, potrebbe effettivamente trattarsi di un agire non professionale.

Quando invece, al contrario, la ricerca della clientela è posta in atto in modo continuativo, non ci si può appellare alla “sporadicità” del risultato, perché che si possa avere un'attività professionale anche con un ridotto volume di affari è previsto ed espressamente ipotizzato dalla configurazione di contribuente minimo: un lavoratore autonomo che si è organizzato e si propone professionalmente in modo continuativo e che, per la natura della sua attività, o per una condizione di attività secondaria, lavora su piccoli volumi.

Mentre, poi, fino a qualche anno fa aveva un senso indagare sulla eventuale ripetitività dell'offerta (ad esempio, proporsi ora con dei volantini, ora con un'inserzione, ora con una piccola affissione, eccetera), allo stato attuale delle cose la proposta continuativa viene posta in atto - molto più semplicemente e tuttavia in maniera molto più efficace - con la predisposizione di un sito internet, di un blog o di una pagina od account di social network, se concepiti e strutturati per offrire i propri servizi.

Attenzione!
NON si sta affermando che sia proibito ai non professionisti, o in qualche modo illecito, avere un proprio sito internet o altra presenza in Rete, con cui mostrare la propria abilità e creatività fotografiche.
Sarebbe delirante.

Ma, un conto è utilizzare la Rete per mostrare le proprie opere; da questa "esposizione" può succedere che nascano anche proposte di collaborazione, appunto, occasionali.
Mentre tutt'altro è utilizzare la rete per mostrare le proprie opere come esempio dei servizi che, in forma continuativa, vengono proposti su commissione.

La prima ipotesi è una attività amatoriale ed autoriale, di esposizione al consenso e di partecipazione della propria arte fotografica.

La seconda ipotesi - e cioè l'utilizzare esempi del proprio operato per sollecitare in forma continuativa delle commissioni di lavoro - NON è condivisione amatoriale, ma proposta di lavori e ricerca - organizzata e continuativa - della clientela.
E in cosa mai, questa azione, differirebbe da quella di un operatore professionista, magari "minimo"?

b) Invito alla proposizione di commissioni di lavoro.

Tuttavia, l'elemento realmente “tranchant” sulla questione, e che dirime la contestazione sulla possibile ambiguità fra

*) attività amatoriale (che - ovviamente! - comprende anche la possibilità di mostrare pubblicamente i propri lavori, anche attraverso la Rete, siti personali e account di social network) ed

**) attività professionale, è questa:

Quando la presentazione dei propri lavori non mostra, semplicemente, le proprie abilità tecniche, creative ed espressive, ma promuove, caldeggia o suggerisce una commissione di lavoro, non c'è argomentazione che tenga: se esiste chi commissiona la realizzazione di servizio, il rapporto è di prestazione d'opera (o di prestazione d'opera intellettuale).

In questo senso, è illuminante lo stretto parallelo con un altro argomento con diverse similitudini: la possibilità - o meno - di descrivere la cessione del diritto di utilizzo delle immagini fotografiche come “Cessione di diritto d'autore” (con il regime fiscale particolare che ne consegue), piuttosto che come normale servizio IVA.
A questo proposito, la nostra Associazione aveva, diversi anni addietro, presentato un'istanza, in risposta alla quale l'allora Ministero delle Finanze aveva emesso la Risoluzione Ministeriale n. 94/E del 30 aprile 1997.

vedi: http://www.fotografi.org/risoluzione_94E.htm

Ebbene, in quella Risoluzione il Ministero chiariva e confermava che - affinché una cessione di fotografie potesse essere considerata non come una normale prestazione di servizi Iva, ma come una cessione di diritto d'autore - anche ai fini fiscali - uno degli elementi discriminanti era l'assenza di commissione da parte del cliente.

Torniamo a noi, ed alla sostanza di quello che stiamo valutando.

Un fotoamatore che ha piacere di proporre al pubblico la sua capacità, arte e bravura, lo fa per ottenere pareri, giudizi, consensi, interazione e considerazione delle sue opere prodotte, giustappunto, come autore.

Come un pittore che crea quadri e li mostra, un musicista che compone musica, ed ha piacere che questa venga ascoltata ed apprezzata.

Ma quando il fotoamatore mostra la sua abilità nel realizzare servizi di book alle modelle, servizi di fotografie di matrimonio, riprese e documentazione di eventi, ritratti a bambini e famiglie, e cosi' via, non tanto ricercando l'approvazione o il giudizio di quanto ha realizzato ma proponendo e di fatto sollecitando la commissione di un servizio da parte di terzi, è assolutamente evidente che la natura dell'offerta ha i connotati per essere considerata un'offerta professionale.

Ovviamente, occorre che esista anche una natura economica, in questo scambio.

Ma ci preme far osservare che tale linea di condotta in sé è strettamente sintomatica non di un'attività amatoriale, ma di una reale incursione in ambito di lavoro autonomo: raccolgo competenze, organizzo le risorse, rendo pubblica la mia offerta come prestatore di servizi, suggerisco e sollecito la commissione di lavori.

E' vero che in assenza di attività economica non esiste rilievo fiscale.

Ma - specie nei rapporti fra privati - sappiamo tutti perfettamente quanto sia facile ed anche consueto che il rapporto economico semplicemente non sia tracciato.

E, mentre in un'attività professionale - posta in atto da un operatore che quindi ha accettato di essere controllato - l'assenza di questo rapporto ecomomico viene considerata non credibile e sintomatica di frode, al contrario in presenza di una condotta che ha tutte le caratteristiche sostanziali di una professione, ma non viene formalmente dichiarata come tale, allora l'assenza di traccia di queste transazioni economiche diventa paradossalmente una scusante ed una giustificazione alla non dichiarazione dell'attività!

2) Il parere dell'Agenzia delle Entrate

Vedi il documento dell'Agenzia delle Entrate a tal proposito, interrogata espressamente sul tema con una nota istanza di consulenza giuridica.

Vi si afferma che:
"...i requisiti, caratterizzanti le disposizioni in esame, di professionalità e abitualità, sussistono ogni qualvolta un soggetto ponga in essere con regolarità, sistematicità e ripetitività una pluralità di atti economici coordinati e finalizzati al conseguimento di uno scopo. In altri termini, i cennati presupposti non si realizzano solo nei casi in cui vengono posti in essere atti economici in via meramente occasionale."
E ancora:
"... si ritiene che - in linea generale - possano costituire indici di svolgimento di attività professionale l'offerta di prestazioni di servizi fotografici in modo ricorrente nel tempo, con l'utilizzo di canali informativi, che presuppongano, per tempi e luoghi di esecuzione, nonché per tipologie di servizi svolti, l'esistenza di un'attività organizzata a tal fine."

3) Occasionale non significa sporadico

La cosa che sfugge a molti e' che il legislatore fiscale, nell'ipotizzare questa possibilita', ha inteso sostenzialmente dire:
"Allora, facciamo cosi'. Se tu sei in tutt'altre faccende affaccendato, e ti capita per caso di fare un lavoro retribuito, allora vabbe', descrivi questa cosa come una prestazione che ti capita appunto casualmente, pagaci l'irpef e va bene."

Ma attenzione! Tieni presente che "occasionale" non significa "sporadico".

Anche se nel linguaggio comune "occasionale" ha finito con avere lo stesso significato di "una volta ogni tanto", in realta’ il termine significa (anche fiscalmente): "che e’ capitato davanti" (da occido, occidi, OCCASUM, occidere: cadere, cader dinanzi e, quindi, capitare).
Quindi: una prestazione che ti è capitata per caso, che non ti andavi a cercare

Intendiamoci: il fotografo che cerca attivamente di avere dei clienti, si fa pubblicità, sparge la voce, si organizza, si prepara per affrontare i servizi, è un professionista, nel senso che si butta in un'impresa (o in una libera professione); il fatto, poi, che riesca a fare pochi servizi in un anno significa solo che gli affari, per quell'anno, gli sono andati male, ma non che ha effettuato dei lavori occasionali.

L'"abitudinarietà", in sostanza, non è legata soltanto alla frequenza dei lavori, ma anche alla loro prevedibilità per l'esistenza di un'organizzazione in quella direzione.

Per usare le parole, generali e quindi un po' generiche, dell'Agenzia delle Entrate:

"Vi si afferma che:
"...i requisiti, caratterizzanti le disposizioni in esame, di professionalità e abitualità, sussistono ogni qualvolta un soggetto ponga in essere con regolarità, sistematicità e ripetitività una pluralità di atti economici coordinati e finalizzati al conseguimento di uno scopo. In altri termini, i cennati presupposti non si realizzano solo nei casi in cui vengono posti in essere atti economici in via meramente occasionale."
E ancora:
"... si ritiene che - in linea generale - possano costituire indici di svolgimento di attività professionale l'offerta di prestazioni di servizi fotografici in modo ricorrente nel tempo, con l'utilizzo di canali informativi, che presuppongano, per tempi e luoghi di esecuzione, nonché per tipologie di servizi svolti, l'esistenza di un'attività organizzata a tal fine."

In sostanza: proporre in modo continuativo servizi, essendosi organizzati per farlo, è attività professionale (anche se, ovviamente, va valutato ogni singolo caso).

4) Limiti delle prestazioni occasionali

a) NON sono occasionali quei lavori ottenuti organizzandosi per offrire servizi nel tempo, lasciando intendere che si è fotografi commissionabili, e pubblicizzandosi come tali.

In questa situazione fatta perdurare nel tempo, infatti, non è più sostenibile il carattere occasionale della prestazione, nel senso che si è analizzato prima; il cercare lavori attivamente mediante le diverse forme di pubblicita’ continuativa, e strutturarsi per offrire servizi e’ cosa tipica e sintomatica di attività abituale e quindi professionale.

E' invece piu' che ammissibile (anzi: auspicabile!) la firma delle foto pubblicate su una rivista o similari, dato che il firmare le immagini significa solo attribuirsene la paternita’, e non farsi promozione. Anche la sola firma al termine di un album di matrimonio va benone; quello che va evitato e' il farsi pubblicita' attiva come fotografi.

b) NON e’ piu’ occasionale quell'insieme di lavori che, per la loro insistente frequenza assumono, di fatto, una ricorrenza paragonabile a quella di un lavoro professionale. In tal senso, sono stati posti dei limiti (30 giorni per lavoro e/o 5000 euro all'anno). Se si supera il limite dei 5000 euro, il compenso va assoggettato anche al prelievo per contribuzione Inps. 
Ma a questo punto, la posizione "occasionale" diventa in realtà più sconveniente rispetto ad un'apertura di partita iva in regime di minimi forfaittari (vedi www.minimi.club)

5) Come fare le ricevute per prestazione occasionale

Non e’ vero che la prestazione occasionale sia possibile solo per attività libero-professionali, come alcuni affermano.

E' invece vero che viene conteggiata in modo simile al reddito di lavoro autonomo solo la prestazione occasionale che abbia le caratteristiche del lavoro autonomo. Un eventuale reddito diverso non di lavoro autonomo, ma caratteristico di un'impresa commerciale e’ possibile anche in forma occasionale.

Nel caso del servizio fotografico, comunque, e’ difficile ipotizzare un reddito di "impresa" occasionale. Si tratta di una contraddizione in termini, dato che l'impresa presuppone una struttura o quantomeno un'organizzazione, cose che evidentemente non possono essere pensate in un contesto occasionale.

Un "reddito diverso" di natura commerciale potrebbe essere, ad esempio, l'aver acquistato - una tantum - uno stock di dieci fotocamere particolarmente convenienti, e l'averle rivendute lucrando qualcosa su ogni esemplare.

Di fatto, e per essere concreti, le prestazioni occasionali legate alla fotografia (e che non siano una compravendita occasionale) sono da considerarsi un "reddito diverso" per esercizio occasionale di un'attivita’ di lavoro autonomo. Come tali, sono assoggettate alla ritenuta d'acconto, ed escluse dall'Iva.

Ecco, concretamente, come deve essere descritta la prestazione occasionale (che sia effettivamente tale):

Quando riceve il suo compenso, il "fotografo" occasionale rilascia al cliente, chiunque esso sia, una ricevuta fiscale.
La ricevuta viene compilata in due copie dal fotografo stesso: una copia va al cliente, una viene conservata dal fotografo.
Non occorre nessun modulo particolare, ne’ alcun bollettario numerato; le cartolerie commerciali vendono della modulistica prestampata a questo fine, ma vanno ugualmente bene due fogli di normalissima carta bianca.

Ovviamente, entrambe le copie dovranno riportare tutti i dati che descrivono il compenso ed i soggetti interessati, e cioe’:

a) Del fotografo occasionale (o, comunque, di chi ha offerto la prestazione): Nome, cognome, residenza, luogo e data di nascita, codice fiscale.

b) Del cliente, Nome, cognome (o ditta), residenza, codice fiscale.

c) Del documento, data e numerazione progressiva. Cioe’, data della ricevuta e un numero progressivo, che ricominci ad ogni anno solare. Ad esempio, se fino al dicembre sono state fatte tre prestazioni occasionali (numerate: 1, 2 e 3), la prestazione successiva, effettuata supponiamo in febbraio, viene numerata di nuovo col n. 1, e cosi’ via.

d) Del compenso, descrizione sommaria ed importo. Ad esempio: "per mia prestazione occasionale relativa a servizio su fauna del Gran Paradiso", totale euro xxxxxx.

e) Se la prestazione viene fatta a favore di un titolare di partita IVA (e quindi NON nel caso della prestazione effettuata a privati), la cifra del compenso va assoggettata a ritenuta d'acconto.

In breve, comunque, si tratta di un anticipo sulle imposte, operato mediante una trattenuta (ritenuta) che il cliente fa sulla cifra da pagare al fornitore, in questo caso il fotografo occasionale. La cifra trattenuta viene poi versata dall'azienda cliente in anticipo (acconto) sulle tasse che il suo fornitore dovra’ pagare.

La percentuale della ritenuta d'acconto e’ del 20%. Non viene applicata in questa forma dal cliente straniero, il quale si rifa' alla sua legislazione locale, per eventuali ritenute.
Le trattenute effettuate in altri Paesi seguono, poi, la normativa di riferimento nella "convenzione doppia imposizione" fra Paese di riferimento ed Italia.
Trovi i testi dei singoli accordi semplicemente digitando su Google: "Convenzione doppia imposizione Italia - Nomedelpaesestraniero
In linea di massima, viene riconosciuto un credito di imposta proporzionato alla cifra trattenuta nel paese di origine.

Concretamente, quindi, su di un compenso di 1.000 la ritenuta d'acconto (cioe’ la trattenuta in anticipo sulle tasse) e’ – dal 1998 con la percentuale del 20% - di 200; questo importo viene trattenuto dalla ditta cliente, e da essa versato per conto del "fotografo".

Una nota, forse superflua per alcuni. Quando il compenso viene assoggettato a ritenuta d'acconto, il netto percepito e’, ovviamente, inferiore a quanto viene pagato dal cliente.

Chiedendo 1000, il cliente paga effettivamente quella cifra, ma abbiamo visto che il fotografo intasca in realta’ 800.

Desiderando intascare 1000, occorre fare un piccolo calcolo. Non, come verrebbe istintivo a molti, chiedendo 1.200, e cioe’ aggiungendo la stessa percentuale che poi deve essere tolta. In questo modo, infatti, la cifra lorda a cui si dovrebbe applicare la ritenuta sarebbe di 1.200, di cui il complessivo 20% e’ di piu’ del 20% di 1.000.

In pratica, chiedendo un lordo di 1.200 si intasca 960 , perche’ la ritenuta diventa di 240.

Il conto corretto va fatto dividendo la cifra che si desidera ottenere per 80, e moltiplicando il risultato per 100. Nell'esempio riportato, la cifra da chiedere per intascare 1.000 e’ 1.250 (da cui, comunque, sottraendo il 20% si ottiene 1.000).

Attenzione: del fatto che e’ stata effettuata questa trattenuta, e dell'avvenuto versamento alle casse dello Stato, la ditta cliente DEVE mandare una certificazione al fotografo in tempo utile per la dichiarazione (modello Unico) nell'anno successivo a quello nel quale e’ stato fatto il pagamento. Se, ad esempio, si riceve un compenso nel mese di marzo, la ditta cliente tratterra’ la ritenuta e la versera’ allo Stato; trascorso tutto l'anno solare in corso (e quindi con l'anno successivo) entro il mese di marzo - e quindi l'anno dopo - la ditta dovra’ spedire al fotografo un'attestazione ove si dichiari che e’ stata effettuata la ritenuta, e di quali importi si trattava.

Come gia’ accennato, tutto il meccanismo della ritenuta d'acconto NON si applica se il cliente e’ un privato.

In questo caso, la ricevuta riporta la sola cifra lorda richiesta, che e’ quella che coincide con quella intascata.

In realta’, il compenso e’ equivalente in entrambe i casi. Infatti, quando viene applicata la ritenuta d'acconto ci si pone nelle condizioni di pagare meno tasse (o non doverle pagare per nulla) in fase di dichiarazione dei redditi, per un importo perfettamente equivalente a quello della ritenuta subita.

f) Infine, e questo vale in qualsiasi caso, sulle ricevute per importo complessivo superiore a 77.47 euro va applicata sulla copia originale (quella che va al cliente) una marca da bollo da 2 euro e, su entrambe, la dicitura relativa all'esenzione Iva: Esente Iva DPR 633/72 per mancanza del presupposto soggettivo.